Non so a voi, ma per me aprire la confezione di questo tipo di pasta mette allegria, non fa parte della mia tradizione, ma la sua origine mi fa pensare a vecchie dispense di casa dove le brave massaie di un tempo conservavano i loro ingredienti segreti. In Abruzzo questo formato prende il nome di Virtù ed è legato ad un piatto che per tradizione viene cucinato il 1º maggio. Attorno alla nascita di questo piatto ci sono diverse leggende: la più accreditata lo vuole nato intorno al 1800, quando le massaie la fine di aprile pulivano le credenze dai resti degli alimenti utilizzati durante l’inverno. Quindi prodotti secchi quali i legumi, vari tipi di pasta secca, uniti a prodotti freschi come le verdure primaverili. La leggenda narra che le Virtù dovessero contenere sette tipi di legumi, sette tipi di pasta, sette tipi di erbe, e che il tutto dovessere essere cucinato da sette vergini per ben sette ore: sette proprio come le virtù cristiane. Pare che il nome deriva proprio dalla virtù della massaia di mettere da parte durante l’inverno, pasta, legumi e quant’altro per poter poi in primavera preparare questo splendido piatto da dividere con amici e parenti, si perchè le Virtù sono simbolo di convivialità e di ospitalità: guai a dimenticare il pentolino per il vicino di casa, si potrebbe compromettere addirittura l’amicizia. Altri sostengono che il nome derivi proprio dagli ingredienti che lo compongono e che vengono dal duro lavoro dei campi. La quantità degli ingredienti sono assolutamente ad appannaggio della massaia e della sua esperienza nel calibrare perfettamente i sapori e nel rendere questo piatto una assoluta prelibatezza. La sua preparazione richiede tempo e pazienza, gli ingredienti vanno cucinati separatamente e poi uniti insieme in un tripudio di sapori.
Io non sono una delle brave massaie abruzzesi ma mi sono lasciata ispirare dalla leggenda.
Ingredienti
250 g pasta mista formato Virtù
500 g asparagi verdi
1 scalogno
olio d’oliva extravergine abruzzese (Leccina e Tortiglione)
1 filetto di trota
1 uovo medio fresco (solo l’albume)
semi di sesamo
sale e pepe
Procedimento
Lavare e mondare gli asparagi, eliminando la parte finale legnosa, conservare le punte e tagliare il resto dei gambi a rondelle.
In una casseruola rosolare lo scalogno, precedentemente tagliato sottilmente, e i gambi di asparagi con una cucchiaiata d’olio, coprire a filo con acqua calda, salare e pepare. Disporre le punte in un colino di rete metallica ed appoggiare sulla casseruola in cottura, coprendo il tutto con un coperchio, lasciando cuocere per 10/12 minuti. Trascorso il tempo di cottura frullate il tutto con l’aiuto di un frullatore a immersione, tenendo sempre da parte le punte per la decorazione finale.
Privare il filetto di trota della pelle, ed eventuali spine, e ridurre a tartare grossolana.
Unire l’albume al pesce e dividere a polpettine della dimensione di una noce.
Passare delicatamente le polpettine nei semi di sesamo e rosolarle velocemente in padella con l’olio, passare su carta assorbente per eliminare l’eventuale grasso in eccesso e sistemare su degli spiedini.
Cuocere contemporaneamente la pasta in abbondante acqua bollente salata.
Scolare al dente e insaporire nella crema di asparagi mantenuta in caldo.
Sistemare la zuppa nei piatti, decorare con le punte di asparagi e servire terminando la preparazione con gli spiedini e un filo d’olio.
Per questa preparazione ho utilizzato Virtù, uno dei numerosi formati VERRIGNI. Prodotta con grano duro italiano, trasformata in ottima pasta dall’Antico Pastificio Rosetano, da più di cento anni Verrigni conserva la passione dei fondatori, l’etica di scegliere sempre il meglio delle materie prime e soprattutto l’obiettivo di non snaturare queste ultime, essiccando sempre a bassa temperatura e quindi con lunghi tempi di attesa che garantiscono bontà e salubrità.
La pasta VERRIGNI, da impasto di grano duro italiano e acqua del Gran Sasso con trafile in bronzo o in oro e lasciato essiccare lentamente in camerini mobili a bassa temperatura, è una pasta che dona sensazioni speciali, ricercate, divertenti che bisognerebbe concedersi il pregio di conoscere.